Antonia Comba
Il 7 novembre 1474, giorno in cui furono arse vive sul rogo le masche di Levone, si aprì un nuovo processo dell'Inquisizione a carico di cinque donne. Fra queste, Antonia Comba di Forno fu colei che andò incontro alle peggiori torture.
LE
ACCUSE
Venne accusata di aver lanciato una maledizione su un compaesano, causando la
morte prematura di ben quattro figli dell'uomo. Da un'altra testimonianza si
evince che la maledizione fu la conseguenza di un violento alterco fra i due,
da cui Antonia uscì con un braccio rotto e una ferita alla testa. In altre testimonianze si parla di materiali richiesti dalle donne, che
l'inquisizione associava a pratiche stregonesche, come le unghie di mula o i
rottami di campana. Questi ultimi, secondo gli inquisitori, si utilizzavano per
una sacrilega funzione del sabato, nella quale quelle parti dei sacri bronzi
erano gettati nell'acqua pronunciando le parole "nello stesso modo in cui
questi pezzi non ritorneranno più alle campane, così la mia anima non possa
giammai entrare in cielo".
FIGLIA DI STREGA
Uno stralcio degli atti del processo ci dice che la madre di Antonia, Beatrice,
era morta sul rogo. Quindi, come figlia di masca, non poteva che esserlo anche
lei.
LE CONFESSIONI ESTORTE SOTTO TORTURA
Antonia negò fermamente le accuse durante diversi interrogatori, anche al
cospetto del dell'inquisitore Francesco Chiabaudi, il quale emise diverse
ordinanze di tortura nei confronti della donna, che a quel punto iniziò a
confessare svariati atti di stregoneria. Parlò, tra le altre cose, di un
maestro demone infernale, il tessitore di Borgaro e di una donna, Antonia
Brayda, che la condussero ai grandi sabba che si tenevano in un prato di
Torino. Dopo il 13 dicembre ci fu una lunga interruzione. Le donne rimasero a vivere di
stenti e a combattere con il gelo invernale nelle carceri del castello. Il
processo ricominciò il 25 gennaio del 1475. Antonia venne interrogata e
probabilmente i patimenti subiti annientarono ogni forza o volontà di
resistenza. Rispose: "che le cose da essa altra volta deposte erano vere". Dal 25 gennaio stette in carcere fino al 21 febbraio, quando tornò sotto
interrogatorio, che viene ben riassunto in queste parole di Pietro Vayra: "non
è difficile scorgere in queste confessioni l'ondeggiamento d'una mente
disordinata e sbattuta tra subitanee risoluzioni di ritrattare tutto il già
detto, i tentativi di attenuarne il significato, la paura di nuove torture, e
le allucinazioni e le svanite immagini del delirio e di sogni."
Gli atti si interrompono, non sappiamo come terminò il processo per Antonia, ma è logico supporre che andrò incontro a un tragico destino.
Grazie a Serena Girivetto di Leggere nel Buio per la ricerca storica.
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Buon viaggio e buona scoperta!
*INIZIATIVA IN COLLABORAZIONE CON CAMMINO DELLE VALLI, LEGGERE NEL BUIO, COMUNE DI FORNO CANAVESE