Il mito delle Masche, la Marchesa di Crosaroglio
Nella frazione Crosaroglio di Levone, viveva ancora nel 1839 una vecchia risoluta e vivace che fu universalmente in fama di strega.
Tante sono le narrazioni popolari legate alle masche che si raccontavano fra Levone, Rivara e Forno. La loro origine va ricercata nella grande caccia alle streghe orchestrata dall'Inquisizione, sul finire del Medioevo, in Canavese. Negli atti dei processi si parla di sabba e ridde organizzate dalle streghe proprio nei boschi di queste colline. Il mito delle masche ha attraversato i secoli, dipingendo immagini di figure femminili dalle capacità sovrannaturali. Una di esse era la Marchesa di Crosaroglio (una borgata di Levone) la cui storia ci viene raccontata da Pietro Vayra, lo studioso del 1800 che ritrovò i documenti ufficiali con i processi alle streghe di Levone, Forno e Rivara.
Nella frazione Crosaroglio di Levone, viveva ancora nel 1839 una vecchia risoluta e vivace che fu universalmente in fama di strega. La chiamavano la Marchesa, e pare che essa stessa si compiacesse d'alimentare tale credenza, giacché lo diceva apertamente, e si circondava nel vivere di modi singolari ed affatto strani. Portava sempre a lato un falcetto penzolone dalle legaccie del grembiale, si vantava di sapere perfettamente ciò che diceva chi sparlava di lei, e talora glielo gettava in faccia. Tra l'altre cose soleva dire che, legandosi un legaccio ad una gamba, poteva essere più veloce del pensiero d'un uomo; ed infatti, raccontano i suoi coetanei, essa diede una volta la prova reale della sua celerità: recatasi a piedi a Rivara di buon mattino, fu veduta quivi da molte persone, e nel medesimo tempo, sulla via del ritorno, si trovò a incontrare chi l'aveva veduta partir da Levone solo pochi minuti prima. Aveva una voce cupa, arrochita, e gli occhi scintillanti. Dicevano che avesse il malocchio, e chi l'incontrava sulla via si faceva il segno della croce. I bambini, incontrandola, si gettavano dietro di lei sassolini bianchi per difendersi da eventuali malefizi, e per lungo tempo nessuno osò toccare quel falcetto che portava con sé, neppure dopo la sua morte. La sua casa restò disabitata per anni, e chi vi passava dinanzi la notte sosteneva di udire rumori strani, sibili e lamenti. Così la Marchesa di Crosaroglio rimase nella memoria popolare come incarnazione vivente della stregoneria locale.
Da "Le streghe del Canavese - l'Inquisizione in Piemonte"
P. Vayra, Edizione Piemonte in Bancarella - Torino, 1970
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Buon viaggio e buona scoperta!
*INIZIATIVA IN COLLABORAZIONE CON LEGGERE NEL BUIO.