L'inizio della caccia alle streghe in Canavese
Sulla base dei documenti disponibili, la grande caccia alle streghe, che si scatenò in Canavese sul finire del Medioevo, ebbe inizio a Forno.
Il 29 settembre 1472 tre donne, tre sorelle, furono arse
vive sul rogo con l'accusa di stregoneria.
Una di loro, Benvegnuta, viene nominata nel capo di accusa n. 45 del processo
alle masche di Levone, istruito due anni dopo, come complice di un maleficio ai
danni di Bartolomeo Giacheto, nella frazione Cortaccia. È lecito supporre che
il processo alle masche di Levone sia stato costruito in parte anche sulle
confessioni raccolte dalle donne giustiziate nel 1472 e che la caccia alle
streghe in Canavese si sia protratta per anni, allargandosi a macchia d'olio in
molti paesi e diffondendo un'atmosfera di paura e sospetti fra la popolazione.
Per approfondire:
Pietro Vayra, colui che ritrovò gli atti dei processi per stregoneria del
Canavese, descrive così i fatti nel suo libro "Le streghe nel Canavese.
L'inquisizione in Piemonte", Edizione Piemonte in Bancarella Torino, 1970
(la prima edizione è stata pubblicata nel 1874):Nel 1472, il dì di S. Michele cadente ai 29 di settembre, un primo rogo
aveva divampato a Forno-Rivara, e tre donne di quel piccolo villaggio vi erano
state arse come streghe.
I particolari di quel dramma di sangue non ci sono noti, non essendoci rimasto il processo, sappiamo solo che le vittime erano tre sorelle, figlie ad un Pietro Boneto, e che una di esse era Benvegnuta, moglie di Turino Merlo. Il suo nome compare nel processo delle streghe di Levone, nelle imputazioni di malefizi commessi in complicità con essa e con sua figlia. A questo nome di figlia non possiamo non trasalire; era esso questo nome stato raccolto dalla bocca della madre ed iscritto nella lista delle sue complici, in quali strazianti momenti aveva potuto essere proferito, aveva forse essa avuta comune colla propria madre la sorte, portando essa false accuse contro sé stessa, aveva essa già salito il rogo, o il suo nome uscito soltanto dal processo delle levonesi stava solo per travolgervela più tardi? Tutto ciò è coperto da un impenetrabile mistero; questo però ci svela, che il processo di Levone era sorto sulle liste dei complici di quello di Forno-Rivara.
La lista dei complici di questo primo processo non era forse peranco esaudita, che già il secondo di Levone veniva a fornire nuova materia e nuovi rei per nuovi giudizi. I complici delle streghe di Levone, designati per nome sommano a trentuno, quasi esclusivamente donne, disseminati in tutti i dintorni: in Rivara, al Forno, in Busano, in Camagna, in Barbania, alla Rocca di Corio, a Nole, senza contare i molti altri non conosciuti per nome, dei luoghi di S. Maurizio, di Caselle, di Balangero, di Corio, di Quazoglio e di Grosso. Non vi restava quasi più paesello all'intorno, anche a non breve distanza, il cui suolo non fosse contaminato dalla peste delle streghe; il più umile tugurio, la più misera capanna poteva racchiudere una devota di Satana, un corpo che volava la notte per l'aria col demonio a perpetrar malefizi ed a satanici balli sui monti e sui noci, un corpo che l'Inquisizione stava per avvinghiare tra le sue braccia di ferro, e che il carnefice reclamava pei suoi roghi.
Grazie a Serena Girivetto di Leggere nel Buio per la ricerca storica.
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Buon viaggio e buona scoperta!
*INIZIATIVA IN COLLABORAZIONE CON CAMMINO DELLE VALLI, LEGGERE NEL BUIO, COMUNE DI FORNO CANAVESE